In Inghilterra la produzione di vino è sempre stata piuttosto scarsa, complice un clima che mal si presta alla coltivazione della vite.

Tuttavia, da qualche decennio le cose sono cambiate: grazie all’innalzamento delle temperature estive, la produzione vinicola inglese è cresciuta al punto da alimentare un vero e proprio mercato nel quale le bollicine sono protagoniste indiscusse. 

Le prime tracce di consumo di vino risalgono alle tribù celtiche dei Belgi, consumo che aumentò in seguito al dominio romano, con l’introduzione delle pratiche di vinificazione e una capillare diffusione dei vigneti. Durante questo periodo, la superficie vitata raggiunse un’estensione molto elevata.

A cavallo del VI secolo, dopo un periodo buio caratterizzato da invasioni di popoli germanici che non badarono molto alla viticoltura, si assistette a uno sviluppo degli scambi commerciali con il resto dell’Europa, che diede nuova linfa al settore vinicolo.

Nei secoli successivi, la produzione di vini inglesi continuò a crescere grazie ad estati lunghe e particolarmente calde che incentivarono le coltivazioni lungo diverse aree del paese. Una fase positiva, poi bruscamente interrotta dalla diffusione della peste bubbonica, dallo smantellamento dei monasteri nei cui circondari erano solitamente presenti vigneti, dal peggioramento climatico e da un maggiore indirizzamento del mercato verso le più convenienti importazioni da Francia e Italia.

Per assistere alla rinascita della viticoltura in Gran Bretagna, bisognerà aspettare fino alla metà dello scorso secolo quando nel 1945 si iniziarono una serie di esperimenti e ricerche per individuare le varietà di vitigni più idonee al freddo clima britannico.

Tappa finale a segnare una profonda svolta nel mercato interno, è stato il passaggio da “still” (fermo) a “sparkling,” (frizzante). Un taglio netto al passato, attraverso una drastica rivoluzione delle varietà coltivate.

Conformemente a quanto stabilito nel Quality Wine Scheme, istituito nel 1992, i vini prodotti in Inghilterra vengono classificati in:

  • Table Wine, prodotto con uve che devono presentare un grado alcolico potenziale minimo pari al 5%, senza limiti di resa riferiti all’unità di superficie
  • Regional Wine, prodotto da uve provenienti dalle regioni designate, ottenute per l’85% nella regione dichiarata in etichetta e in vigneti ubicati a meno di 250 m di altitudine; viene contemplata una resa massima di 100 ettolitri/ettaro e un grado alcolico potenziale minimo delle uve pari al 6% (per l’innalzamento del grado alcolico, è consentito l’impiego del saccarosio)
  • Quality Wine, designato in etichetta come England o Wales (Galles) a seconda della provenienza delle uve, viene prodotto con uve ottenute a meno di 220 m di altitudine, considerando una resa massima di 80 hl/ettaro e un grado alcolico potenziale minimo delle uve pari al 6%.

In Inghilterra, i produttori di vino in Inghilterra e Galles possono richiedere la certificazione Protected Designation of Origin (PDO), Protected Geographical Indication (PGI) or Varietal Wine, adottata dall’UE.

I vini che si qualificano hanno soddisfatto determinati requisiti per la loro analisi tecnica e hanno superato una valutazione organolettica. I vini prodotti nella contea del Sussex possono richiedere una denominazione separata del Sussex, attualmente “Sussex Quality Wine”.

Oggi si possono trovare vigneti sparsi lungo ogni area di Inghilterra, Galles e persino nella fredda Scozia, ma le zone più vocate grazie a condizioni climatiche più favorevoli, sono quelle del sud-est, nelle contee del Kent, Sussex, Surrey e Hampshire.

Fino agli anni ‘80 i terreni erano occupati per la maggior parte da vitigni di origine tedesca, quali Müller Thurgau, Reichenstein, Huxelrebe, Schonsburger e Bacchus, più l’ibrido franco-americano Seyval Blanc. Tutti insieme rappresentavano il 74% della superficie vitata del paese.

Situazione che nel corso degli anni si è completamente capovolta, a favore di Chardonnay, Pinot Noir e Meunier, che oggi contano per il 60% dei vitigni coltivati. Un’alta percentuale che dimostra come una grande fetta della viticoltura inglese oggi sia destinata alla produzione di spumanti a metodo classico. Qui, su terreni calcarei e gessosi simili a quelli dello Champagne, nascono bollicine di qualità.

Per quanto riguarda i vini fermi, oltre ai tre vitigni francesi che vengono impiegati anche in questo tipo di produzione, una piazza importante è occupata da Bacchus, Pinot Gris e Ortega.

La superfice vitata si trova nell’Inghilterra meridionale, nel Galles e nelle Isole del Canale su terreni poveri di argilla, sabbia e loess. Non c’è viticoltura in Scozia e nell’Irlanda del Nord.

Il clima è mite grazie all’Oceano Atlantico e alla Corrente del Golfo. Le estati umide e gli autunni piovosi favoriscono le malattie fungine.

Ci sono sei regioni vinicole: Weald and Downland (Kent, East Sussex, West Sussex), Wessex (Dorset, Wiltshire, Hampshire, Isola di Wight), Southwest e Galles (Hereford, Worcester, South Wales), Thames and Chiltern (Oxford, nord di Londra), East Anglia (nord-est di Londra fino alla costa nord del Norfolk) e Mercia (Midlands, nord).