Il vino svedese non è certo il primo che viene in mente ai consumatori e agli appassionati, perché il clima tipico del paese scandinavo, almeno nell’immaginario, non sembra particolarmente adatto alla coltivazione delle viti. E in effetti, l’industria vinicola della Svezia fino a 20 anni fa era non esisteva nemmeno, o quasi. Ma le cose stanno cambiando.

La Svezia, e la Scandinavia in generale, in questo devono ringraziare il cambiamento climatico, che che sposta sempre più a nord il baricentro della mappa globale della vinificazione, tanto che secondo gli esperti in pochi anni la Svezia sarà un nuovo e temibile competitor dell’Europa meridionale.

La Svezia non è la sola: attualmente nel Paese ci sono circa 40 vigneti commerciali, e ne spuntano di nuovi ogni anno. In Norvegia sono appena una dozzina, ma è la Danimarca ad essere quella più “forte”, in questo senso: il più piccolo dei tre Regni conta infatti 90 vigneti. La Svezia, però, è quella in più rapida crescita e, pare, anche quella più interessata a entrare nel giro.

Il fattore che ha spinto e favorito la coltivazione della vite in Svezia è stato l’impiego di PIWI (PilzWiderstandsfähig), vitigni nati nella seconda metà dell’Ottocento dalla selezione di varietà più resistenti al freddo e alle malattie.

Si tratta di incroci ottenuti dalla specie europea vitis vinifera con specie americane, come vitis riparia e vitis rotundifolia, più resistenti agli attacchi dell’oidio e della peronospora, oppure di incroci ottenuti con la vitis asiatica amirensis, in grado di sopportare maggiormente il freddo.

Le varietà utilizzate per la coltivazione sono numericamente ridotte e tra queste, il Rondo e il Solaris, sono due fra quelle più coltivate.

Il Solaris, vitigno semi-aromatico, è piuttosto versatile e adatto ad essere vinificato secco, spumantizzato o passito. Ottenuto nel 1975 presso l’Istituto di Friburgo in Germania dall’incrocio tra la varietà Merzling e la varietà 6.493 gm (Severa Zarya x Muscat Ottonel), si caratterizza per un’alta resistenza alle aggressioni di peronospora, oidio e botrytis e per una elevata produttività.  

I PIWI sono coltivati su terreni dalla stratificazione importante: la formazione delle rocce svedesi risale, infatti, a 2,5 milioni di anni fa. Nei secoli, a seguito dello scioglimento del ghiacciaio originariamente spesso 3 km, sono emerse le terre ora coltivate.

La vite, che raggiunge al massimo altezze pari a 1,80 m, presentano un ricco fogliame. Questi vitigni resistenti, inoltre, non necessitano di trattamenti e, per questo motivo, si possono considerare naturalmente biologici e a ridotto impatto ambientale.

La concimazione avviene attraverso la tecnica del sovescio, coltivando tra i filari piante leguminose ad alto contenuto di azoto che vengono interrate oppure usando stallatico o alghe raccolte in autunno, lasciate seccare e usate come concime in primavera.

Il territorio interessato dalla coltivazione della vite è la zona sud della Svezia.

La vite cresce lungo la costa, in zona ventilata. Tuttavia, è necessario proteggerla dal gelo quasi tutto l’anno. Per far questo sono state sperimentate nuove tecniche, come ad esempio l’uso in vigna di sensori che indicano le soglie di temperature oltre le quali le piante rischiano il congelamento oppure l’impiego della nebulizzazione che permette la formazione di uno strato di ghiaccio a protezione dei tralci e dei germogli. Con questa ultima tecnica, usata anche per preservare dalle gelate autunnali, la temperatura tra lo strato di ghiaccio e il germoglio risulta superiore alla temperatura esterna.