Il Cile è sicuramente il più importante paese vinicolo del Sud America, oltre a vantare la più antica tradizione vinicola tra i paesi dell’emisfero meridionale.
Nell’era moderna il Cile ha orientato la propria enologia sui vini da uve internazionali, riuscendo a definire uno stile produttivo molto caratterizzato.
In Cile alcune calamità della vite, come la temibile fillossera e la peronospora, sono sconosciute, probabilmente grazie alla barriera delle Ande e all’Oceano Pacifico, ostacoli naturali che hanno impedito agli organismi nocivi di penetrare all’interno del paese.
Un vantaggio per la viticoltura del Cile è la considerevole disponibilità di acqua, in pratica si tratta di neve che si scioglie dalle cime della Ande per poi scaricarsi nell’oceano Pacifico, e che rappresenta una preziosa risorsa per l’irrigazione dei vigneti.
La vite e il vino furono introdotti in Cile dai missionari spagnoli nel 1550 circa. La vite e il vino furono introdotti in America Latina perché il vino era un elemento essenziale per le liturgie Cristiane, e quindi i missionari generalmente coltivavano le proprie vigne per produrre autonomamente il vino.
La prima uva introdotta dai missionari spagnoli in Cile sembra fosse il Pais, un’uva a bacca nera ancora diffusa nel paese che produce vini rossi piuttosto ordinari.
La coltivazione della vite si sviluppò soprattutto nell’area di Santiago, zona che ancora ai giorni nostri è la principale del Cile.
Nel 1830 il francese Claudio Gay realizzò la “Quinta Normal”, una serra sperimentale per la coltivazione di esemplari di piante esotiche e di Vitis Vinifera. Questo evento costituisce la prova che in Cile le viti europee erano presenti anche prima della comparsa dell’oidio e della fillossera.
Nonostante questo, il Cile è l’unico paese vinicolo del mondo in cui né l’oidio né la fillossera sono mai comparsi. I vitigni Cileni non necessitano quindi di un “piede” americano immune alla fillossera, come in Europa.
Dopo l’indipendenza dalla Spagna, attorno al 1850 cominciarono ad arrivare in Cile i vini europei, molto diversi da quelli prodotti nel paese. L’interesse che suscitarono indusse i viticoltori locali a cercare di produrre vini simili.
Il periodo più fiorente dell’enologia cilena iniziò con la devastazione prodotta in Europa dalla fillossera, quando il Cile rimase praticamente l’unico paese al mondo che poteva produrre vino. Quando in Europa si riprese poi a produrre vino di qualità, inizia per il Cile un periodo di declino che si è protratto fino agli anni ’80 del secolo scorso.
Negli anni che seguirono il 1987, con la caduta della dittatura, si verificò un vero e proprio rilancio dell’enologia cilena. Nuovi vigneti furono piantati per produrre vini di qualità, che sono oramai esportati in tutto il mondo.
Il Cile, come gli Stati Uniti d’America, non ha un sistema rigido di leggi del tipo utilizzato in Europa.
Nel 1995 nuove leggi sono state promulgate, soprattutto allo scopo di definire le regioni vitivinicole e le loro sottozone, e di creare un protocollo di etichettatura coerente.
In particolare, se un vino menziona in etichetta la regione di provenienza, almeno il 75% delle uve devono provenire dalla regione indicata. Se menziona in etichetta un singolo vitigno, il vino deve essere prodotto con almeno il 75% del vitigno indicato. Se menziona in etichetta il millesimo di vendemmia, almeno il 75% del vino deve appartenere a quell’annata.
I migliori vini del Cile sono probabilmente quelli a base di Cabernet Sauvignon, disponibili in tutte le fasce di prezzo, da quelli più correnti fino a quelli eleganti e raffinati.
Fra i vitigni a bacca bianca spicca certamente lo Chardonnay. Anche i vini bianchi prodotti con il Sauvignon sono interessanti, anche se spesso il vitigno viene confuso con la Savignonnasse (Sauvignon vert).
Anche i vini prodotti con il Cabernet, in realtà, talvolta, sono a base di Carmenère, e anche in questo caso la situazione è piuttosto confusa.
La produzione vinicola cilena è basata soprattutto sui vitigni internazionali.
Le aree viticole si trovano per la maggior parte nelle valli, che si estendono dalla Valparaiso fino a Bío-Bío.
Grazie all’Oceano Pacifico da un lato e alla catena delle Ande dall’altro, il clima del Cile è piuttosto mite. Le temperature raramente salgono al di sopra dei 32 gradi e le notti estive sono fresche.
Le uve a bacca bianca prevalentemente coltivate in Cile sono lo Chardonnay, il Sauvignon e la Sauvignonnasse, mentre le uve a bacca rossa includono il Cabernet Sauvignon, il Carmenère, il Merlot e il Pais, la prima uva ad essere coltivata in Cile e usata soprattutto per la produzione di vini da tavola.
Le principali zone viticole sono a nord, nelle valli di Aconcagua e Casablanca, mentre nel centro troviamo la cosiddetta “Valle Centrale”, formata dalle valli di Maipo, Rapel, Curicó e Maule.
Al sud troviamo le due valli di Bío-Bío e Itata, di minore importanza rispetto alle precedenti, dove si producono generalmente vini di largo consumo.
La zona più famosa del Cile è la valle di Maipo, vicino a Santiago, una delle più antiche regioni vinicole del paese.
La valle di Casablanca, sull’oceano Pacifico, viene considerata un riferimento dell’enologia cilena, soprattutto per i vini bianchi a base di Chardonnay e Sauvignon.
A nord della valle di Casablanca si trova la valle di Aconcagua, interessante per i suoi vini Merlot e Cabernet Sauvignon.