L’Armenia è incastonata tra la Turchia, l’Iran, la Georgia e l’Azerbaidjan, quindi nel sud del Caucaso.
Gli archeologi collocano la nascita della viticoltura proprio da queste parti. L’Armenia di oggi, dicevamo, è un paese giovane, vitale, dinamico, sostenuto dagli armeni di tutto il mondo, che contribuiscono al 20% del PIL. Come dicono i francesi “il vino fu inventato dagli armeni, trasformato in business dai greci e in arte dai francesi”.
É ancora molto difficile parlare di uno stile e di una faccia univoca del vino armeno. Il ruolo dei consulenti europei, francesi e italiani, specialmente nelle grosse aziende, è ancora incisivo, e non necessariamente nella direzione giusta.
Si fa ancora di frequente un uso eccessivo di biotecnologie, legno e filtrazioni. Non sempre è facile riconoscere il terroir e le caratteristiche dei vitigni, per quanto essi siano di indubbia grandezza.
In Armenia, più precisamente nella valle del Monte Ararat, nell’area attorno al villaggio di Areni, si coltivata la vite sin dal IV millennio a.C. Così narrano famosi storici greci (Erodoto, Senofonte, Strabone) e certificano recenti scavi archeologici.
L’Armenia adottò il Cristianesimo come religione ufficiale nel 301 d. C e divenne in questo modo la prima nazione cristiana al mondo. Il vino aveva ed ha tuttora un ruolo molto importante nelle funzioni ecclesiastiche della chiesa armena, essendo ritenuto il sangue sacro di Cristo, analogamente alle altre chiese cristiane. La protezione della chiesa fu molto importante per la preservazione della cultura del vino nel corso della turbolenta e drammatica storia del Paese, martoriato da continue guerre e conflitti.
Essendo situata all’incrocio tra Occidente e Oriente, l’Armenia é sempre stata il pomo della discordia, bramato dai potenti imperi confinanti. Nonostante tutte le turbolenze e le difficoltà, la cultura del vino fu sempre conservata in Armenia ed il vino continuò a far parte della vita quotidiana del popolo armeno, simbolo della loro identità cristiana. Nel periodo comunista (1922-1991) l’Armenia, secondo i piani centristi di Mosca doveva svilupparsi come “Paese del brandy” mentre alla vicina Georgia fu assegnato il ruolo di “Paese del vino”. La produzione del vino fu quindi ridimensionata e il Paese divenne un grosso produttore di brandy apprezzati in tutto il mondo ex-sovietico. Il vino armeno oggi sta vivendo un periodo di rinascita e rilancio.
L’Armenia vanta un ampio patrimonio di antichi vitigni autoctoni. Molti di questi antichi vitigni sono andati persi nel corso dei secoli, ma rimane comunque tutt’oggi un patrimonio considerevole di uve autoctone.
Tra i più importanti possiamo citare per i rossi l’Areni, vitigno principe armeno, Karmrahyut, Kakhet, etc e per i bianchi Voskehat (considerato il più pregiato), Kangoun, etc.
L’Armenia é un Paese montuoso situato nel Caucaso meridionale, tra Europa e Asia, e la maggior parte del territorio rimane sopra i 1000 metri. Il clima secco e arido con giornate molto calde e notti fresche risulta particolarmente adatto per la coltivazione della vite.
Il cuore della viticoltura armena è la regione di Vayotz Dzor nella zona sud del Paese, dove una gran parte dei vigneti vengono coltivati a 1200-1400 metri di altezza. L’altitudine conferisce alle uve un’inconfondibile eleganza e finezza, i terreni vulcanici e rocciosi un profilo snello, verticale e minerale.
Un’altra caratteristica interessantissima della regione di Vayotz Dzor è la mancanza di fillossera. Tutt’oggi l’intero parco vigneti della regione rimane composto da viti franche di piede. Ciò significa che l’Armenia è uno dei pochissimi luoghi al mondo in cui veramente si può parlare di antichi vitigni autoctoni, rimasti così come erano millenni fa, preservando le loro caratteristiche originali.