La Spagna è uno dei più importanti protagonisti della vitivinicoltura europea, ed il terzo al mondo in termini di quantitativi prodotti.

La Spagna ha una tradizione centenaria nel campo dell’enologia e della viticoltura ed alcuni suoi vini sono giustamente entrati a far parte della ristretta cerchia delle tipologie più apprezzate nel mondo intero. Si pensi ad esempio allo Jerez, (o Xérès, alla francese, o Sherry, all’inglese).

L’importanza della tradizione nella vitivinicoltura spagnola è confermata dal fatto che in nessuna nazione, tranne forse il vicino Portogallo, la diffusione dei vitigni “internazionali” di origine francese è stata così ridotta e si registri pertanto una nettissima prevalenza dei vitigni autoctoni spagnoli.

Anche in Spagna come nella maggior parte dei paesi Europei, la storia della vite è molto antica.

A differenza dei paesi a nord delle Alpi, nei quali la prima diffusione della vite è dovuta all’occupazione romana, in Spagna con tutta probabilità la vite è stata importata dai Cartaginesi. Infatti, già nel II secolo a.C., dopo le guerre puniche, si hanno notizie del commercio di vini spagnoli nella stessa Roma. Da questo momento in poi furono i Romani i protagonisti della diffusione dei vini provenienti dalla penisola iberica nelle altre terre dell’Impero, quali la Francia, nella Valle della Loira, in Bretagna ed in Normandia e in Inghilterra.

Il Medioevo lascia un vuoto culturale sugli sviluppi dell’agricoltura in terra spagnola, si ha solo conferma che l’inizio della dominazione araba nel IIX secolo d.C. non comportò ostacoli alla produzione del vino. I Cristiani riconquistarono la penisola nel XIII secolo, dando nuovo impulso al vino.

Il successo commerciale dei vini dello Jerez risale al 1500, ad opera soprattutto degli Inglesi, sempre alla ricerca di vini rinforzati che reggessero lunghi trasporti via mare. Gli scontri tra l’impero britannico e la corona di Spagna misero fine a questi commerci, che ripresero sono nell’800, secolo in cui lo Jerez assieme ai vini di Malaga iniziarono a contrastare il dominio commerciale del Porto e del Madeira.

Al di là dello Jerez, all’epoca l’enologia spagnola era ancora in uno stadio piuttosto primitivo, con usanze anche a volte talmente arcaiche da pregiudicare l’integrità del prodotto non solo dal punto di vista organolettico ma anche da quello sostanziale.

Alla fine del 1800 la fillossera e l’oidio devastarono la viticoltura della Spagna come quella di quasi tutti i paesi Europei e causando l’estinzione di numerose specie di vite autoctone della regione. Questa sventura ebbe però come conseguenza la rinascita dell’enologia spagnola con metodi di coltivazione e trasformazione al passo con i tempi che permisero l’affermazione dei vini spagnoli sui mercati internazionali.

La prima denominazione di origine spagnola fu la Rioja, nel 1926, seguita dallo Jerez nel 1933 e da Malaga nel 1937.

Le due guerre mondiali, la dittatura e l’isolamento politico della Spagna limitarono poi la diffusione dei vini del paese, sino agli anni ‘80, che videro la Spagna riprendere il suo posto nel mercato mondiale del vino in termini sia di quantità che di qualità, soprattutto per i vini rossi fermi, ma anche per un tipo di vino nuovo per questa regione, ossia lo spumante metodo classico, chiamato in Spagna Cava tanto la cui importanza crebbe fino a farlo diventare famoso a livello mondiale.

Per quanto ormai superate dalla legislazione Europea, anche in Spagna sono presenti numerose menzioni tradizionali che si integrano con le denominazioni standard Europee (DOP e IGP). Le denominazioni di origine spagnole si chiamano DO (Denominación de Origen) e furono introdotte nel paese nei primi decenni del secolo scorso.

Il sistema fu poi rivisto e modificato nel 1970. Analogamente al sistema francese (AOC) e Italiano (DOC), anche quello spagnolo prevede disciplinari che regolano le zone di produzione, le pratiche di coltivazione e di produzione, le rese per ettaro, i tempi minimi di maturazione e affinamento prima dell’immissione sul mercato e norme specifiche sul confezionamento e l’etichettatura.

Il 50% della produzione spagnola è ascritta alla categoria DO (DOP) e enti preposti certificano il rispetto dei disciplinari e la qualità organolettica dei vini. Successivamente, con la riforma del 1991 era stato introdotto un livello più alto, corrispondente alle DOCG Italiane, il Denominación de Origen Calificada, (DOCa) ma tale menzione è ormai superata dai regolamenti comunitari.

Lo scalino immediatamente inferiore al DO è il Vino de la Tierra, (VdlT) che equivale, in termini più attuali, all’IGP (IGT in Italia o Vin de Pays in Francia).

Il Vino de Mesa (VdM) è il livello di qualità alla base della piramide e viene prodotto con uve coltivate in diverse regioni del paese.

Altre menzioni tradizionali presenti nelle etichette dei vini spagnoli indicano il periodo di affinamento del vino prima della sua immissione sul mercato. Esse sono:

  • Joven, vini giovani con circa un anno di affinamento
  • Crianza, vini rossi con almeno due anni di maturazione dei quali almeno uno in botte, o vini bianchi o rosati con affinamento di almeno sei mesi in botte. La dicitura “Sin Crianza” riportata in etichetta indica un vino imbottigliato giovane, senza periodo di maturazione aggiuntivo
  • Reserva, vini di qualità prodotti in particolari annate molto favorevoli. Per i rossi, vini con affinamento di almeno tre anni di cui almeno uno in botte. Per i vini bianchi o rosati, un affinamento di almeno due anni dei quali almeno sei mesi in botte;
  • Gran Reserva, vini di qualità prodotti in particolari annate molto favorevoli. Per i rossi, prevede un affinamento minimo di cinque anni di cui almeno due in botte. Per i vini bianchi o rosati, un affinamento di almeno quattro anni di cui almeno sei mesi in botte.

Una caratteristica della Spagna è la limitata diffusione dei vitigni cosiddetti “internazionali” ed il prevalere delle specie autoctone in quasi tutte le regioni.

La Spagna è conosciuta in primis per i suoi vini rossi, ma in realtà l’uva più coltivata nel paese proviene da un vitigno a bacca bianca, l’Airén, diffuso nelle pianure della Mancha, a sud di Madrid. A seguire troviamo l’Albariño con il quale si producono i vini bianchi profumati della regione Rías Baixas.

Nella Rioja troviamo i vitigni Macabeo, Malvasia e Garnacha Blanca, nella regione Catalana del Penedès lo Xarel-lo, la Parellada, il Macabeo e lo Chardonnay. Lo Jerez viene prodotto con le uve a bacca bianca Palomino, Moscatel e Pedro Ximénez.

Per quanto riguarda le uve a bacca nera, la specie spagnola più rappresentativa è il Tempranillo, con il quale si producono i vini della Rioja, assieme a Garnacha, Mazuelo e Graciano.

Nella Ribera del Duero si coltivano Garnacha e Tempranillo, nel Priorat  Cariñena (Carignan),  Garnacha, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. Nel Penedès i vitigni a bacca nera coltivati sono il Cabernet Sauvignon, la Garnacha e il Monastrell.

La Spagna ha la maggiore superficie vitata mondiale, ma è il terzo paese produttore in termini di quantità, dopo Italia e Francia.

Questo è dovuto al fatto che spesso i vigneti sono posti in zone aride a bassa produttività, o con impianti tradizionali a bassissimo numero di ceppi per ettaro.

In generale i vini spagnoli tradizionali, soprattutto i rossi, vengono sottoposti a lunghi periodi di maturazione in legno.

Accanto a questi stanno però prendendo piede anche stili di vinificazione più moderni, per andare incontro al generale cambiamento di gusto dei consumatori, sempre più orientato verso vini freschi e fruttati e di più facile beva.

Le zone più importanti per la produzione di vino in Spagna sono sei:

  1. la Rioja, a sud dei Paesi Baschi
  2. la Ribera del Duero, a nord di Madrid, lungo il corso dell’omonimo fiume
  3. il Prioratos, a sud di Barcellona
  4. il Penedès, a sud di Barcellona
  5. il Rias Baixas al nord in Galizia
  6. lo Jerez, in Andalusia, nell’estremo sud del paese.